Bassa Risoluzione, di Massimo Mantellini

Ritorno dopo tanto tempo a scrivere sul blog, e la scusa è l’aver letto Bassa Risoluzione, l’ultimo libro di Massimo Mantellini.

Bassa risoluzione in bassa risoluzione

La tesi del libro è che in molti casi, a dispetto delle incredibili possibilità che ci offre la tecnica, andiamo verso la bassa risoluzione, la semplicità, la perdita del dettaglio. Nella musica è evidente, e l’abbiamo notato tutti. Persino io, che di musica non capivo e non capisco quasi niente, ho insistito con i miei genitori finché nel 1978 non mi hanno comprato un impianto stereo (marca “Cybernet”), oggi la gente ascolta tranquillamente mp3 di pessima qualità attraverso merdose cuffiette. Per non parlare di quello che è successo nella fotografia. Anche nella politica, nel giornalismo, nella cultura, nell’arte succede lo stesso.

Prendere un’idea e usarla come una lente per guardare il mondo. Una volta ero un avido lettore di questi libri. Se scartabelli nel mio vecchio blog, quando ancora avevo la pazienza di commentare quasi tutto quello che leggevo, ne troverai un sacco. A un certo punto mi sono stancato perché quasi tutti gli scrittori si innamorano della propria idea e la anabolizzano per tirare 50 pagine in piú. Gladwell, Taleb, Baricco, non c’è che l’imbarazzo della scelta (Baricco con i suoi Barbari il più spudorato, con Taleb staccato di un’incollatura).

Massimo non è bravo come Gladwell ma è più onesto e ragiona attorno alla sua idea senza volerti convincere che è la cosa più importante del mondo mondiale. Forse manca un po’ l’analisi ma non è necessariamente un male. Ci sono domande molto interessanti, ma se devi inventare una panzana per rispondere, forse lo stai facendo sbagliato.

Gli esempi che Massimo riporta sono interessanti, talvolta inaspettati (il dinosauro della stazione Termini) e sempre raccontati in uno stile garbato antitetico rispetto a quello profetico dei guru digitali.

Mentre leggevo ho pensato ad altre cose che potrebbero stare in questo libro, che a Massimo non sono venute in mente o che semplicemente ha ignorato per non annoiare il lettore. Per esempio la teoria dell’evoluzione si dice proceda verso una sempre maggiore complessità (verso l’alta risoluzione), dai batteri procarioti al cervello umano. Da una parte questo è scontato (se cominci da zero l’unica strada è verso l’alto, dall’altra è fuorviante perché ci porta a pensare che esista uno scopo nell’evoluzione e che naturalmente è l’essere umano il naturale sovrano delle specie viventi (mentre tutti sappiamo che sono le formiche). In molti casi invece, intere categorie di organismi hanno trovato il successo nella direzione opposta. Stephen J. Gould ha scritto molto su questo argomento. Io l’ho letto molti anni fa e la mia memoria è quella che è ma internet mi aiuta:

[..] for each mode of life involving greater complexity, there probably exists an equally advantageous style based on greater simplicity of form (as often found in parasites, for example), then preferential evolution toward complexity seems unlikely a priori. Our impression that life evolves toward greater complexity is probably only a bias inspired by parochial focus on ourselves, and consequent overattention to complexifying creatures, while we ignore just as many lineages adapting equally well by becoming simpler in form. The morphologically degenerate parasite, safe within its host, has just as much prospect for evolutionary success as its gorgeously elaborate relative coping with the slings and arrows of outrageous fortune in a tough external world.

Nella parte di internet che frequento è di moda (specialmente fra quelli che pensano di essere tanto bravi) considerare Massimo Mantellini noioso e irrilevante, ma non lo è affatto. Quando lo leggerai, cosa che ti esorto a fare (questo libro è breve non stupido e, soprattutto, non furbetto), ti tornerà utile il sito in cui Massimo ha salvato alcune delle immagini che ha commentato.

Bassa risoluzione ha un grosso difetto: è scritto in piccolo e mi ha costretto ha fare i conti con gli anni che passano: è il primo libro che ho letto con gli occhiali.

Beaver sempre più Busy

Qualcosa più di dieci anni fa, scrivevo su queste pagine del Busy Beaver. Allora usavo un sacco di tempo per documentarmi, quindi è un articolo abbastanza dettagliato.

Con gli anni si diventa stanchi e pigri (mio padre non mi prendeva mai in braccio sostenendo “il papà è vecchio e stanco”, benché non fosse né l’uno nè l’altro).

Quindi, caro amico interessato al Busy Beaver, mi perdonerai se questa volta non mi documento affatto e mi limito a segnalarti questo interessante articolo (del solito Scott Aaronson) che divulga  un nuovo risultato sulla simpatica bestiola. Se sei interessato e più intelligente di me puoi persino leggerti il paper o giocare con il github dell’allevo di Scott che ha fatto la parte pratica del lavoro.