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lunedì 12 luglio 2004
 

Se escludiamo percorrere nei due sensi l'autostrada Bologna Modena un discreto numero di volte a settimana, la cosa più avventurosa che ho fatto in vita mia è stato fare qualche viaggio al risparmio quando avevo una ventina d'anni. Non ho mai scalato le montagne, nè attraversato deserti, nè mi sono gettato da ponti o areoplani.

Dovrebbe essere incomprensibile quindi, ai miei occhi, una figura come quella di Chris McCandless, che dopo la laurea ha mollato la famiglia, ha abbandonato l'auto, ha bruciato i soldi che aveva in tasca e si è lanciato in una serie di "avventure" che dovevano alla fine costargli la vita. Eppure credo che Chris, protagonista di "Into the Wild" di Jon Krakauer, non fosse uno squilibrato, nè uno stupido (nonostante ancora oggi, nelle recensioni su Amazon, molti lo bollano come uno sprovveduto), ma un ragazzo brillante che ha seguito quel richiamo che ha ucciso milioni di giovani idealisti, in guerra o in qualche altro affare pericoloso.

Krakauer scrive molto bene, e se si fosse trattenuto dall'insistere su alcune parti accessorie un po' dispersive (evidentemente era restio a abbandonare il risultato di ricerche che sono costate molta fatica) il libro sarebbe ancora migliore. Si capisce che si identifica molto nel personaggio e in un capitolo ricicla la sua spedizione solitaria sul Devil's Thumb, già presente in un altro suo libro che ho già commentato.

Alcune parti del libro sono molto ben riuscite. Sembra quasi di vedere Chris, che in un villaggio dell'Alaska inbuca l'ultima cartolina che finisce così:
"Now I walk into the wild."
e chiede un passaggio per una zona deserta in cui non incontrerà nessuno e sopravviverà per 113 giorni mangiando quello che riesce a catturare, leggendo Tolstoi e scattando fotografie.

Dal suo diario Krakauer ricostruisce come, vivendo un'esperienza al limite, basta un piccolo errore per non avere più scampo. E come dice Krakauer, per misurare quanto sono vuote le parole degli apologeti delle imprese pericolose, basta guardare una volta i genitori degli eroi morti.




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