Le teorie scientifiche non sono altro che l'espressione della nostra cultura, non differiscono in nulla da altre teorie oggi ritenute sbagliate o addirittura dalle teorie primitive.
Esiste veramente qualcuno che la pensa così? Gabriele Lolli ha scritto il suo "Beffe, scienziati e stregoni" per divulgare il dibattito che sta sotto a questa domanda, che si snoda a partire dall'ingenuo e fiducioso neopositivismo di inizio secolo, passando per Hanson, poi Kuhn, Feyerabend, Bloor, fino agli estremisti (così li fa apparire Lolli) del programma forte, come Bruno Latour.
Non è che Lolli sia il Collina della situazione (si capisce bene da che parte sta), ma io non conoscevo affatto l'opera di questi illustri pensatori (se non attraverso la conoscenza della beffa di Sokal) quindi è stata una lettura interessante. Nel cammino verso il postmodernismo le posizioni dei filosofi/sociologi sono sempre più facili da attaccare perché (diciamolo), se effettivamente hanno sostenuto quello che gli fa dire Lolli non si può far altro che essere d'accordo con Sokal.
Magari, smussando un po' le posizioni si trova più ragionevolezza. Invece che sostenere che tutta la scienza non è altro che una espressione dell'ambiente sociale (neanche Marx penso abbia mai osato tanto) si può dire che ne è influenzata, invece che attaccare proprio la fisica (la più basata sui fatti) si potrebbe provare con la biologia e così via. Non è un libro che possa piacere a tutti, ma l'ho letto volentieri.