Ho finito ieri L'universo Elegante, di Brian Greene.
Non so nemmeno io perché l'ho comprato. Ero con il mio amico Alberto da
Feltrinelli, l'ho visto e l'ho preso, senza neanche sfogliarlo troppo.
E' stato una sorpresa molto positiva. Intendiamoci: non è uno di
quei libri che uno sfoglia come un pazzo cercando di raggiungere
l'ultima pagina prima dello spuntare del giorno, ma un capitoletto a
sera me lo sparavo.
Il libro parla della teoria delle stringhe, l'ultima accreditata
teoria del tutto. Secondo questa teoria i costituenti fondamentali
della materia sono stringhe vibranti (si ritorna all'universo
Pitagorico, la musica come fondamento del mondo). Le stringhe però
vibrano in 11 dimensioni, cioè il tempo, le tre dimensioni normali, più
altre sette dimensioni che sono ripiegate ("compattificate") talmente
in piccolo che sono per noi impossibili da percepire.
Detta così sembra una follia, e sembra una follia perdere tempo su
una teoria che (come onestamente fa rilevare Greene) non ha fatto
assolutamente nessuna previsione confermata sperimentalmente. L'unico
punto in suo favore è che è elegante. Bello che gli scienziati si
facciano guidare dal senso estetico, credo che sia un po' come credere
in un Dio che non abbia creato il mondo confuso e inconoscibile, ma
bello e necessario. Einstein certamente la pensava così.
Greene rispetta il vecchio detto che ogni formula in un libro ne
dimezza le vendite. E poi la matematica che sta sotto la teoria delle
stringhe è impossibile per i profani (e un po' anche per gli
specialisti, non si è ancora trovato il modo di risolvere le equazioni
della teoria in modo non approssimato). Quindi solo analogie, solo
spiegazioni indirette, ma l'autore si è sforzato moltissimo.
Nei primi capitoli (i più riusciti) sono accennate la teoria della
relatività generale e la meccanica quantistica, e si spiega perché sono
completamente incompatibili. Vale la pena di leggere anche solo questi
capitoli, con il famoso esperimento concettuale della giostra rotante (una specie di tagadà) che ha spianato ad Einstein la strada per la sua più grande realizzazione.
Nei capitoli finali Greene esagera un po' e si lancia in
speculazioni su universi paralleli e strappi allo spazio tempo. In
questo modo disorienta i lettori meno agguerriti (come il
sottoscritto). Considerato però che ho letto un capitolo intero sui
flop negli spazi di Calabi-Yau (l'undicesimo) e mi è pure piaciuto, vorrei invitare Greene a non abbandonare la carriera di divulgatore.
Complessivamente un ottimo libro (per chi ama il genere, ovviamente).
10:52:27 PM
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