Ogni tanto capita di leggere un libro che non piace. A volte capita che il libro sia lungo, e questa è un'aggravante. Ma è solo quando è un libro che volevi leggere da molto tempo e pensavi ti sarebbe piaciuto un sacco che scatta il terribile triplo pacco. Il colpevole è "Straniero in terra straniera" di Robert Heinlein, uno dei libri di fantascienza più famosi che ci siano (ha persino creato neologismi, come "grokkare").
Non che sia completamente da buttare, ma i dialoghi sono pessimi, e mentre l'inizio e la fine sono accettabili, la parte di mezzo è pesantissima. E' la storia di Mike Smith, nato da un cornino sulla nave che conduceva il primo equipaggio umano su Marte, e allevato dai marziani dopo la morte dell'equipaggio. L'essere stato a contatto con i misteriosi marziani dà a Mike una saggezza speciale e lo trasforma in una specie di profeta.
L'inizio, lo scontro fra le due culture, è la parte migliore. La storia si inabissa quando Mike passa sotto la protezione di Jubal Harshaw (una specie di co-protagonista alter ego dell'autore) che non perde occasione, nelle 782 pagine del tomo, per farci conoscere la sua opinione su tutto. Gli editori della prima versione, che avevano deciso di sfoltire la storia, non avevano tutti i torti.