Che poi cosa succede in quelle guerre in Africa dove le parti si capovolgono continuamente non lo capisce mica nessuno. Un po' perché è effettivamente complicato, un po' perché andare a vedere è pericoloso.
Ryszard
Kapuscinski
negli anni '60 c'è andato, come giovane cronista dell'agenzia di stampa polacca. E' stato picchiato, minacciato di fucilazione, cosparso di benzina e ha rischiato spesso oltre il ragionevole.
Ma dai suoi resoconti in "La prima guerra del football e altre guerre di poveri" si capisce che anche lui in fondo non ci capiva niente e scriveva quello che vedeva di un continente incomprensibile. Il libro raccoglie una serie di ricordi autobiografici di Kapuscinski scritti in modo scorrevole e molto partecipato. Quando scrive dei protagonisti cerca di vederli con gli occhi della gente comune e quando racconta della guerra fra Salvador e Honduras si concentra sul soldato di leva che nasconde le scarpe dei caduti per tornarle a prendere a guerra finita perché nessuno, nella sua numerosa famiglia, ha le scarpe. Una piacevole lettura.