Il calcio non sono solo affari, doping, pagliacciate televisive. E' anche un modo di vivere, è anche poesia, in un certo senso. E prima delle decine di telecamere, prima dei teamgeist sponsorizzati lo era molto di più. Esisteva un calcio, un tempo, in cui la speranza non erano i miliardi di euro e la velina, ma il riscatto di un quartiere, la fama per il tuo rione. Quando lo sport aveva un senso, e non era una gara a chi ha i farmacisti più bravi.
Osvaldo Soriano racconta di quei tempi, delle partite giocate in un sudamerica povero ma intriso di mito. Di arbitri con la pistola, di allenatori folli, di trasferte che duravano settimane in corriere scassate (che ancora si vedono in qualche angolo del sudamerica). Leggevo questo libro ("Fùtbol") mentre l'Italia vinceva i mondiali, e non avevo dubbi su che calcio preferire. Il libro ha parecchi difetti (è un collage di pezzi presi da opere precedenti, con anche un paio di storie ripetute, la scrittura è in qualche punto faticosa) ma è meglio di cento partite della nazionale e mille pagine di gazzetta.