"Olympos", di Dan Simmons, è il seguito la conclusione di Ilium (che avevo commentato quima il commento si è cancellato assieme a quasi tutti i post di dicembre e gennaio, grazie a un sussulto di agonia dell'anzyano software con cui questo blog è gestito ).
La straordinaria ambizione di quest'epopea fantascientifica è quella di mescolare Omero e guerra di Troia con Shakespeare, Proust e i poeti inglesi del diciannovesimo secolo, e inserirli in una storia ambientata qualche migliaio di anni nel futuro, dove robot umanoidi, post-umani, dei eroi e creature infernali si contendono l'attenzione del lettore.
E' uno sforzo straordinario, che a tratti ti tiene incollato alla pagina. Simmons compie uno sforzo immaginativo enorme anche perché cerca di evitare scappatoie facili da sceneggiatori di Lost e contemporaneamente giustifica l'epopea mitologica con pretese scientifiche da Hard SF.
Non si può che ammirare Simmons, e se sono arrivato in fondo a Ilium/Olympos, tabaccandomi centinaia di pagine in cui mostri antropofaghi parlano con la voce di Shakespeare e il momento cruciale è deciso da un androide a forma di granchio che spara citazioni di Proust a paginate non è solo perché volevo sapere come sarebbe andata a finire (per quello c'è internet, grazie a Zeus).
Non ce la fa però Simmons, perché non prende scorciatoie e il passo è talmente lungo che nessuna gamba ci può arrivare. Quando la trama prende deviazioni di decine di pagine solo perché l'autore vuole far citare a un personaggio una poesia di Yeats o Eliot e vuole che questa quadri con la trama io vado molto vicino a perdere la pazienza. Inoltre il finale non può che scappare di mano e un paio di Dei ex Machina sono inevitabili.
Tanto di cappello comunque a Simmons, che se non arriva alle vette fantahorror di Hyperion (non che non ci provi, ma lo Shrike si mangia Setebos a colazione) costruisce comunque un'opera impressionante.