E' bello poter parlare con gente intelligente, sarebbe fantastico mettere assieme le persone più brillanti del mondo e sentire quello che dicono, sarebbe ancora più importante poterlo fare nel momento in cui debbono venire prese decisioni importanti per il bene (o il male) di tutta l'umanità. Questo è il tema di "Cinque platonici a Princeton" di John L. Casti e non mi riesce di immaginarne uno più ambizioso.
Casti descrive (forzando neppure troppo la realtà storica) una serie di conversazioni che si svolgono nel 1946 all'istituto per gli studi avanzati di Princeton. I personaggi della sua storia sono un gruppetto piuttosto impressionante: Einstein e Gödel, Oppenheimer, Bethe e Von Neumann e Pauli, Ulam e Wigner, Dyson e Weyl, Bohm e Veblen. Si parla del significato della conoscenza, di politica (l'opportunità di costruire la bomba termonucleare), di futuro (Von Neumann vuole costruire un calcolatore), di fisica e matematica.
Purtroppo, dopo che Casti ci ha apparecchiato una tavola meravigliosa e fatto pregustare un banchetto delizioso, ci manda via dopo l'antipasto. Infatti sono certo che (considerato anche la necessità di semplificare per noi poveri mortali) quei geni facessero discorsi molto più profondi (*). Bertrand Russell (che è stato da quelle parti in quel periodo(**), ma evidentemente non entrava nel cast) ha detto che Gödel e Einstein tenevano discussioni di metafisica tedesca. Immagino che quella che appariva metafisica ad un filosofo non fossero i ragionamenti un po' troppo semplici che Casti ci racconta.
L'idea è buona e Casti non scrive male. Purtroppo questo è il film, non il libro (e non fatemi parlare della traduzione del titolo).
(*) per esempio vedere qua. (**) è riportato da Odifreddi in uno dei suoi libri, non ricordo però quale.