Sono esitante a commentare questo libro ("Idoli della conoscenza"
di Carlo Sini) perché per me 8+8=16. Non sempre è vero, noi diamo
per scontate le premesse, in questo caso l'artimetica. Se parliamo di
ore del giorno 8+8=4, e definendo opportunamente simboli e aritmetica
8+8 può dare anche altri risultati. Quindi è possibilissimo che, non
avendo compreso le premesse (in questo caso il significato dei termini)
io non abbia capito nulla, ma mi era parso di capire dalla quarta di
copertina che il libro era per non specialisti, e la lettura mi
conferma che almeno Sini ci ha provato, utilizzando in ogni caso un
italiano discretamente comprensibile.
Un commentatore di questo blog mi aveva esortato a leggere Carlo Sini,
quando avevo commentato non so quale affermazione di Odifreddi, dicendo
che Sini ne smonta le argomentazioni. E io, incoscentemente,
ci ho provato. Il libro avrebbe lo scopo di criticare il modo in
cui la scienza si illude di produrre conoscenza. E io ero proprio
curioso di vedere dove il filosofo "con il passo furtivo del guastatore
ed il coraggio del ribelle" mi avrebbe portato.
Dal principio il libro non è male. Sini parte un po' troppo da lontano
ma non scrive male. E' vero che ci manca un modello della mente, e un
modello del mondo, e senza questi non si può veramente spiegare la
conoscenza (d'altra parte non è detto che un modello della mente non
l'avremo presto, pensavo io). E' vero che il povero Einstein viene
tirato per la giacchetta da Sini con richiami continui alla sua
affermazione che non ci sia niente di più misterioso della conoscenza
ma anche questo ci sta.
Passato un attacco a Hilary Putnam (evidentemente i filosofi non
resistono all'attaccarsi fra di loro nemmeno quando dovrebbero fare
comunella contro la scienza), si arriva alla parte centrale del libro,
la più deludente. Io trovo insopportabile quando si appoggia il
discorso all'etimologia delle parole (lo fa pure Odifreddi qualche
volta) ma Sini fa di peggio e tesse l'apoteosi di un tale Alfred Kallir
(sconosciuto ai più mi sembra di capire dalle pur frettolose ricerche
che ho fatto su internet) secondo il quale "i segni alfabetici
sembr[a]no essersi formati sotto l'impulso prevalente della
riproduzione". Secondo Kallir il legame fra il simbolo e il suono è
fondamentale e via per pagine e pagine di C rotonde e G gutturali e A
che simbolizza l'uomo e B la donna e l'uomo sta sopra e se la
ingroppa. Senza considerare nemmeno per un paragrafo che il suono
precede il segno di decine di migliaia di anni. E Sini inzuppa il pane
alla grande in questo equivalente alfabetico della numerologia. Giuro
che non scherzo.
Quando ormai pensavo di abbandonare il libro perché non sarebbe mai
arrivato al punto invece (e siamo alla fine) ci arriva. Purtroppo però
qui Sini bara perché introduce tutta una serie di strumenti che
evidentemente riporta da altri suoi lavori e qui non spiega. Allora è
tutto un "gli insiemi di pratiche", una "retrocessione del testimone" e
mille altre figure filosofiche che a quel punto non avevo più la
pazienza di andarmi a cercare (e poi in spiaggia wikipedia non c'è). Mi
sembra di capire che Sini rifiuta di accettare che esista la realtà:
dice per esempio che non possiamo dire che ai tempi di Tolomeo la Terra
girava attorno al sole. E con questo salutiamo la possibilità di
capirci.
Evidentemente ho perso qualche pezzo e sono rimasto a pensare che 8+8
faccia 16 mentre fa evidentemente quattro. E' del tutto possibile e
anzi probabile che io non abbia capito nulla, non si offendano i
filosofi. D'altra parte faccio fatica ad immaginare un lettore profano
più attento di me (ero pure sotto l'ombrellone). Ritengo che se il
libro aveva uno scopo divulgativo lo ha fallito.