Domenica. Pomeriggio al cinema con famiglia. Betta organizza, si vedrà
un non meglio specificato film sui pinguini. Ammetto che non è
molto furbo delegare completamente e non informarsi, ma i film di
animazione sono
più o meno tutti piacevoli da vedere, e i bambini che ridono sono
comunque un bello spettacolo. Arriviamo al cinema Medusa in perfetto
orario, ma il film ritarda perché c'è da vedere la più lunga serie di
pubblicità che abbia mai visto. Almeno venti minuti di automobili,
profumi, ancora automobili, bevande più o meno alcoliche, automobili,
banche
costruite intorno a te. Tutta roba che ora odio e comprerò solo in caso
di assenza di alternative. Almeno una volta al cinema c'era la
pubblicità di quello che ti fa mettere il collarino per truffare
l'assicurazione, che nel suo surrealismo era artistica.
Prima di tornare in quel cinema, che purtroppo è l'unico in cui si
parcheggia facilmente, passerà un bel pezzo. Comunque comincia il film
e mi accorgo, tragicamente (immaginate stia usando la voce fuori campo
di Fantozzi) che è un documentario di novanta minuti sul Pinguino
Imperatore. Io, come tutti naturalmente, conosco l'Aptenodytes forsteri
e le sue abitudini riproduttive alla perfezione. Ci hanno frullato i
maroni con questa bestiaccia da quando esistono i documentari. Già nel
1997 Michele Serra esternava la sua antipatia in questa maldestra imitazione di Danny de Vito, e non c'era ancora Sky.
Almeno i bambini si fossero divertiti. Alla scena in cui una foca leopardo (Hydrurga leptonyx)
sbrana la mamma pinguina che Fiorello si era tanto prodigato ad
umanizzare, Federico è scoppiato in lacrime. Quando un'Albatros
(sottospecie incerta) ha ammazzato a beccate un cucciolo, metà dei
cinquenni della sala ululava apertamente. Tornando in macchina,
mentre Fede singhiozzava "poveri pinguini" ho inchiodato il coperchio
sulla bara del film: "Bella fotografia, comunque".