Bikila rimase paralizzato, Beethoven sordo. C'è un triste contrappasso
nel vedere un genio che perde le sue prerogative più interessanti.
Eppure il caso del genio scientifico che perde la ragione è qualcosa di
molto meno casuale. E' forse una consolazione per noi stupidelli,
pensare che sono molte le menti eccezionali colpite da stranezze o addirittura follia.
Pensando queste cose mi sono letto "Il genio dei numeri", la biografia di John Nash di Sylvia Nasar da cui è tratto il famoso film
con Russel Crowe. Il libro è molto dettagliato. Forse troppo perché sia
una lettura del tutto piacevole. E' però tutto meno che agiografico. Il
Nash giovane è nettamente antipatico, come spesso è antipatico
chi in giovane età sembra destinato al successo (penso alla maggior
parte dei calciatori). Il libro è anche molto molto diverso dal film.
Il film non menziona la bisessualità di Nash e le torture che ha subito
in ospedale, le due famiglie e i rapporti problematici con i figli, il
divorzio e le fughe in Europa, con mille tentativi di rinunciare alla
cittadinanza americana e addirittura di passare al blocco sovietico.
E' stato buffo vedere oggi una terza versione di Nash, dopo quella cinematografica e quella letteraria, osservando una sua intervista e leggendo quello che scrive
un suo amico, John Milnor, sul suo lavoro.
Dopo aver letto il libro
capisco meglio il suo umorismo. Qualche settimana fa, in una intervista
di Odifreddi (che è un logico) che gli chiedeva un suo parere sul
rapporto fra matematica e follia, Nash gli ha fatto notare (citando
Gödel e altri) che erano soprattutto i logici a sbarellare.