In realtà questo è un libro inutile. Intendo per noi italiani. In
realtà non ci interessa sapere come era la vita di quei ragazzi mandati
a combattere nella valle dello Ia Drang nel novembre del 1965, nella
prima operazione importante degli americani in Vietnam. Eppure il libro
di Moore e Galloway "Eravamo giovani in Vietnam"
ha un suo fascino, quello di tutte le storie di guerra, dove la gente
combatte e muore. Moore era il tenente colonnello del reggimento
inviato a fermare uno sconfinamento di nordvietnamiti, nel primo
impiego di quella cavalleria dell'aria che sembrava così promettente, e
racconta la storia di quei ragazzi mandati a combattere una guerra che
non si poteva vincere. Il libro è il racconto militare di quella
campagna, in cui gli americani ebbero in pochi giorni 305 caduti
(contro 3651 nordvietnamiti, ma quelli a Moore interessano meno) e
racconta quei giorni praticamente in soggettiva, con evidente rimorso
per quei ragazzi che non sarebbero diventati anziani signori come è
lui ora.
Il libro è inutile perché anche se Moore si è sbilanciato a fare
qualche domanda anche ai nemici (bontà sua) il punto di vista è
esclusivamente il suo. Tutto si riduce ad una commemorazione dei
commilitoni caduti, attraverso il dettagliato racconto di quei giorni.
La cosa più impressionante è il parallelo (mutatis mutandis) con oggi.
Mc Namara evidentemente non era uno scemo e dopo aver parlato con Moore
che aveva visto come i NV fossero ottimi combattenti (addestrati alla maniera
darwiniana da venti anni di guerra) e disposti a morire per la causa,
inviò al presidente un memorandum (segreto) dove diceva che il Nord
Vietnam avrebbe retto l'escalation con l'esercito americano anche con
il corrente rapporto di perdite di 12:1, non c'era modo di vincere
rapidamente la guerra e per non perderla occorreva più che raddoppiare
le forze in campo. Consigliava di arrivare ad una soluzione negoziata
altrimenti i caduti americani sarebbero arrivati a mille al mese (come
puntualmente successe nel '67).
Fare questo sarebbe però stato un disastro politico per Johnson, quindi
si andò avanti. Come Fonzie un presidente americano non può dire "ho
sbagliato", piuttosto la morte (non la sua, è ovvio).